Narrazioni digitali. Diagnosi di un’immagine mentale

ABSTRACT. In questo papers mettiamo in discussione il racconto ufficiale della rivoluzione digitale. Allo scopo analizziamo i significati contenuti nella sequenza visiva maggiormente utilizzata per interpretare il passaggio da una rivoluzione industriale all’altra. Tale sequenza istruisce il pubblico dei vecchi e nuovi media a un modo di pensare la tecnologia, i suoi effetti sociali e le sue tendenze future. Abbiamo smontato questo modo di pensare per separare la narrazione dalla realtà. Continua a leggere

Lavoratori schiavizzati? E’ colpa dei consumatori

Uno dei motivi che rendono degna di interesse sociologico la scrittura giornalistica è che contribuisce a costruire o a rafforzare il senso comune. Il più delle volte le tecniche narrative sono semplici ed esplicite proprio perché il senso comune è una forma di conoscenza che non ha bisogno di dimostrazioni. In questa direzione muove il libro-inchiesta sullo sfruttamento del lavoro scritto da Valentina Furlanetto, (collaboratrice del Sole 24 Ore, Radio 24, il Foglio),  intitolato Noi schiavisti. Come siamo diventati complici dello schiavismo di massa, (Laterza, Bari-Roma, 2021, 199 pagg., 16,00 euro). Continua a leggere

Una spensierata felicità

Raffaella Carrà è stata per oltre trent’anni una star del piccolo schermo. Ballerina, cantante e conduttrice di successo ha rappresentato uno dei volti più popolari della Tv italiana. Nel corso della sua lunga carriera ha lavorato all’estero, venduto 60 milioni di dischi in tutto il mondo, ricevuto premi e riconoscimenti nazionali e internazionali. All’artista, scomparsa nel 2021, la scrittrice Marina Visentin ha dedicato un libro agiografico intitolato Raffasofia. Per trovare la felicità-tà-tà (l’accento sulla a), (Libreria pienogiorno, Milano, 2021, 184 pagg., 17,90 euro). Un libro  che si ben si presta alla critica sociologica dei miti prodotti dall’industria culturale. Continua a leggere

Mille nomi per Lady Society

Le immagini della società orientano il modo in cui individui e gruppi interpretano il mondo in cui vivono. Ma come orientarsi quando tali immagini si moltiplicano senza sosta? Mille nomi per Lady Society costituisce un iniziale tentativo di risposta. Allo scopo fa un primo punto della situazione, problematizza la proliferazione di immagini della società e sollecita l’apertura di nuovi spazi di comunicazione tra la sociologia e il suo oggetto di studio. Continua a leggere

Effetti collaterali dell’era smartphone

Juan Carlos De Martin insegna ingegneria informatica al Politecnico di Torino e come tutti gli scienziati che si interrogano sul senso della propria attività (assai pochi a dire il vero) osserva con preoccupazione l’avanzata delle macchine digitali nella vita quotidiana di tutti noi. A partire da questa preoccupazione ha dato alle stampe un libro intitolato: “Contro lo smartphone. Per una tecnologia più democratica”, Prefazione di Gustavo Zagrebelsky, (add editore, Torino, 2023, 199 pagg., 18,00 euro). Continua a leggere

Era della comunicazione o era del profitto?

Tra le sue attività culturali Umberto Eco ha coltivato anche quella dello studioso prestato al giornalismo. In questa veste ha collaborato con diverse testate: il Corriere della Sera, il Manifesto, la Repubblica, L’Espresso. Ha poi raccolto i suoi articoli in alcuni libri (che contengono anche saggi brevi), tra i quali ricordiamo: Il costume di casa (1973), Dalla periferia dell’impero. Cronache di un nuovo medioevo, (1977); Sette anni di desiderio (1983); La Bustina di Minerva, (1992); A passo di gambero. Guerre calde e populismo mediatico, (2006). A occhio e croce parliamo di circa 2mila pagine. Un numero consistente, che però rappresenta solo una parte della produzione complessiva dell’Eco commentatore di fatti di cronaca culturale e politica. Continua a leggere

Il mondo digitale? Non è un bel mondo

Le idee più diffuse sulle conseguenze sociali delle tecnologie digitali sono divulgate da un esercito di apostoli della civiltà del silicio presenti pressoché ovunque nell’infosfera. In genere si tratta di informatici, scienziati, imprenditori, manager, giornalisti e conferenzieri che si lanciano in rosee previsioni sulla società del futuro grazie alla digitalizzazione e alle sue applicazioni nella robotica, nell’automazione, nella comunicazione. È dagli anni ’50 del ‘900, ossia da quando i primi computer comparvero nelle fabbriche automobilistiche statunitensi, che questo storytelling globale va avanti rinviando sempre a domani l’avvento di un’età dell’oro all’insegna delle macchine intelligenti.

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La rinuncia all’etica e lo spirito del capitalismo

Sarà per il clima culturale che c’è oggi in Italia ma è passato praticamente sotto silenzio un libro umanamente e politicamente sconvolgente: Il metodo Giacarta. La crociata anticomunista di Washington e il programma di omicidi di massa che hanno plasmato il nostro mondo (Torino, Einaudi, 2021, pp 340, 30,00 euro). L’autore è Vincent Bevins, un coraggioso giornalista statunitense ottimamente inserito nel circuito della stampa mainstream nord-americana.

Il libro consiste in un’inchiesta durata dieci anni e suffragata da documenti ufficiali, informazioni desecretate, pareri di storici, testimonianze dirette. Dall’inchiesta emerge senza ombra di dubbio che in ventitré nazioni del Terzo mondo la Guerra fredda fu in realtà caldissima causando la morte di milioni di donne e uomini di sinistra per mano diretta e indiretta degli Stati Uniti.

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Tutti i colori dell’Afghanistan

Ecco un libro che non demonizza una cultura radicalmente diversa da quella occidentale, tanto più se questa cultura è stata rappresentata per decenni come portatrice del male assoluto. Ci riferiamo a “La magnifica porta. Un paese chiamato Afghanistan”, scritto dal giornalista Duilio Giammaria, (Marsilio, Venezia, 2022, 300 pagg., 19,00 euro).

A lungo inviato dagli esteri, Giammaria ha seguito sul campo il conflitto afghano durante la ventennale occupazione delle forze armate occidentali a guida statunitense. Nel corso di quell’esperienza ha imparato a conoscere il modo d’essere e di vivere degli afghani osservandoli senza pregiudizi e senza l’atteggiamento di superiorità del giornalista al seguito dei conquistatori. Continua a leggere

Dal mito di Che Guevara a quello di Steve Jobs

Ci sono molti motivi per leggere il libro di Marco D’Eramo intitolato “Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi”, (Feltrinelli, Milano, 252 pagg., 19,00 euro). Mi soffermerò solo su uno: l’incredibile ritirata politico-culturale dell’intellighenzia di sinistra dinanzi alla controffensiva del pensiero neoliberista. Controffensiva lanciata dalla componente più reazionaria del capitalismo USA in risposta movimenti di protesta degli anni ’60 e ’70. Ritirata incredibile perché, come recita il sottotitolo del libro, si è trattato di una guerra di cui la sinistra non si è accorta. Guerra che in estrema sintesi è consistita nella graduale occupazione da parte dei neoliberisti delle principali istituzioni statali, a iniziare dall’università e dalla giustizia, per poi passare a quelle economiche afferenti agli organismi nazionali e internazionali. In poche parole i neoliberisti hanno dato l’assalto al Palazzo d’inverno e si sono presi lo Stato, mentre la sinistra era assai distratta. Continua a leggere